Come gestire i picchi di domanda con il DDMRP?
Come è possibile gestire i picchi di domanda con il DDMRP e perché questo metodo più efficace dalle modalità basate su punti di riordino tradizionali o kanban?
Quando la domanda di un prodotto può essere considerata “normale” e quando “anomala”? Infine, come devono essere dimensionate le scorte in base alla variabilità della domanda?
Chi si occupa di Supply Chain deve costantemente affrontare queste problematiche anche prima che il DDMRP fosse una alternativa disponibile.
La novità del DDMRP è l’utilizzo del concetto di “domanda qualificata’ che viene ad essere utilizzato nel calcolo del flusso da tenere sotto controllo al fine di far scattare gli ordini di approvvigionamento (Net Flow Equation).
Proprio l’utilizzo della “domanda qualificata” distingue un buffer DDMRP da un punto di controllo convenzionale o un kanban: quest’ultimi reagiscono solamente quando il consumo è di fatto avvenuto.
Inserire i picchi di domanda nel flusso
La “domanda qualificata” è composta da 3 componenti: gli ordini cliente scaduti, quelli che scadono oggi e i picchi di domanda già noti nel periodo successivo (considerati come la somma degli ordini clienti in un dato giorno superiori ad una certa soglia e all’interno di orizzonte di tempo definito). Quindi riepilogando:
- Backorders
- Domanda di oggi
- Picchi di domanda futura
Includendo i picchi di domanda futura nell’equazione del flusso si tiene conto di tali richieste anche se potrebbero essere suscettibili di modifiche. Se tali richieste non fossero considerate si esporrebbe il buffer a rischio di stock out pertanto tenere conto dei picchi risulta estremamente importante.
Nella progettazione di un modello DDMRP in azienda la qualificazione dei picchi di domanda è molto dibattuta: qual è la soglia di qualificazione (order spike threshold) da utilizzare? qual è l’orizzonte di qualificazione (order spike horizon)? quale relazione c’è tra la dimensione della zona rossa del buffer e la meccanica di qualificazione dei picchi? Come si determina l’orizzonte di visibilità per gli ordini confermati?
Non esistono risposte uniche a queste domande. È necessario trovare le risposte adeguate valutando il contesto specifico in cui l’azienda si muove. Per fare questo dobbiamo effettuare simulazioni basate sulla domanda passata e su queste effettuiamo analisi critiche sui picchi di domanda. Le simulazioni sui dati aziendali e le analisi effettuate da esperti (di DDMRP, Lean Six Sigma e APICS) consentono di ottimizzare il modello e di effettuare regolazioni appropriate dei parametri dei buffer.
Pianificazione della variabilità della domanda
Ritorniamo allora ad una delle domande poste all’inizio del nostro articolo: qual è il livello di domanda “normale” che il buffer deve essere in grado di soddisfare con un breve lead time?
Vediamo ora un esempio. Il grafico sottostante mostra la domanda passata di un articolo:
Il grafico mostra chiaramente la presenza di picchi di domanda che si verificano con una frequenza per lo più mensile.
Se togliamo i picchi, la domanda risultante è:
Ora ci chiediamo: devo progettare il buffer DDMRP affinché sia in grado di soddisfare tutta la domanda, compresi i picchi registrati nel primo grafico, o in modo tale da soddisfare solamente la domanda “normale” senza i picchi del secondo grafico?
Nel nostro esempio la differenza tra le due opzioni corrisponde per un solo articolo a 10.000€ di valore di magazzino di differenza.
Anche in questo caso non esiste una sola risposta corretta.
Dipende dal contesto aziendale, ed è questo che deve essere analizzato facendosi domande quali: gli ordini corrispondenti ai picchi sono noti in anticipo rispetto alla data richiesta di evasione o no? Se sì, possiamo reagire impostando il modello in moda tale che reagisca quando rileva dei picchi che ricadono all’interno di un determinato orizzonte temporale definito. Se no, non abbiamo scelta: dovremo considerare l’eventualità che arrivino picchi di domanda delle dimensioni rilevate in analisi, dimensionando di conseguenza la zona rossa del buffer (aumentandola). Nel primo caso, considereremo i picchi nel calcolo della Domanda Media Giornaliera (ADU, Average Daily Usage), nel secondo caso li escluderemo.
Nel caso specifico dell’esempio che stiamo analizzando, l’analisi aveva evidenziato come i picchi del codice in questione erano originati da un centro di distribuzione a valle interno alla società, il quale aveva impostato un rifornimento mensile automatico. La soluzione è stata quella di passare a un rifornimento settimanale in modalità VMI (Vendor Management Inventory), riducendo considerevolmente la variabilità della domanda e quindi lo stock sull’hub. Questo intervento è stato sufficiente per eliminare la variabilità autoindotta!
L’esempio riportato dimostra: che le simulazioni e gli algoritmi di analisi sono un valido supporto nel rilevare situazioni anomale e problematiche, che è l’esperienza del team che permetterà di definire il giusto design del modello e che la configurazione perfetta non può avvenire al primo colpo …
Calibrazione del rilevamento dei picchi
Vediamo ora un altro caso in cui la parametrizzazione impostata identifica il picco quando supera la soglia di 200. Nell’esempio sono identificati 4 picchi qualificati in un periodo di 2 anni.
Nell’attività di calibrazione del rilevamento dei picchi può risultare molto utile tenere a mente alcuni suggerimenti :
- Quando rileviamo un picco, reagiamo “a quell’ordine”, a quell’evento, nel farlo però trasmettiamo la variabilità della domanda al nostro fornitore e/o alla produzione. Quindi più picchi rileviamo, maggiore è la variabilità e lo stress che trasferiamo a monte.
- Viceversa, più copriamo la variabilità della domanda con la zona rossa, più teniamo “calma” la supply chain complessiva… ma aumentiamo l’investimento in stock.
- Progettiamo la zona rossa in modo che sia in grado di coprire gli ordini sui codici strategici che cadono all’interno della domanda “normale (ad esempio, poiché la domanda di un componente attivato dagli ordini di produzione di codici padre è determinata dalle dimensioni del lotto dei codici padre, la zona rossa dovrebbe coprire le quantità corrispondente, senza che sia necessario il rilevamento dei picchi).
- Organizziamo l’attività dei pianificatori in modo che i picchi siano analizzati quotidianamente. Un picco indica una domanda anomala. Una domanda “non normale” richiede sempre una decisione consapevole tra le opzioni disponibili: devo negoziare un programma di consegna con il mio cliente, devo spedire tutto lo stock che ho disponibile al cliente anche se rischio di compromettere le forniture ad altri clienti? Devo chiedere al mio fornitore, e in generale alla supply chain a monte, uno sforzo eccezionale su questa richiesta?
- Identifichiamo la frequenza dei picchi per ciascun codice e rianalizziamo i codici con picchi frequenti durante il processo di DDS&OP.
- Per i codici con LT lunghi accorciamo l’orizzonte di rilevamento dei picchi – per quelli con LT brevi, al contrario, consideriamo un orizzonte più lungo e operiamo anche sui DLT (il lead time disaccoppiato) in particolar modo se siamo in presenza di vincoli di capacità.
- L’impostazione di default che risulta efficace nella maggior parte dei casi, è quella che rileva un picco quando la quantità richiesta raggiunge il 50% della zona rossa. Tale soglia può essere aumentata se si vuole rendere il modello meno reattivo (meno “nervoso”).
Come abbiamo visto dunque la corretta impostazione del modo con cui qualificare i picchi richiede test continuativi che, facendo acquisire esperienza sul settaggio migliore dei parametri nel proprio specifico contesto, portano ad un miglioramento continuo delle performance. Attraverso questa attività i planner comprenderanno sempre di più la domanda e apprenderanno via via come cogliere il modo migliore per ridurre la variabilità.
Fonte dell'aticolo originale: https://demanddriventech.com/blog/manage-spikes-in-demand/
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